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Dott. Angelo Villa

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Trauma e Fantasma

2025-02-04 01:39

di Enza Licciardi

FORT-DA numero 4/2025,

Trauma e Fantasma

Trauma e Fantasma di Enza Licciardi

Il trauma

 

 

Trauma deriva dal greco τραυ̃μα – ferita. «In medicina, lesione prodotta nell’organismo da un qualsiasi agente capace di azione improvvisa, rapida, violenta: T. cranico; malattia da trauma; subire riportare un trauma» (Enciclopedia Treccani). Esistono, due tipi di traumi: quelli strutturanti, necessari alla strutturazione della soggettività umana, ovvero i traumi dovuti alla separazione dalla madre, che grazie alla mancanza strutturano il desiderio, e il trauma del linguaggio che ritaglia il Reale; i traumi destrutturanti, invece, sono quelli che si incontrano nella clinica, che hanno un effetto destabilizzante, soverchiante e impossibili da simbolizzare.In psicoanalisi l’evento traumatico è un evento improvviso, incontrollabile, a forte impatto emotivo, di fronte al quale siamo impotenti. V. Caretti e G. Craparo danno la definizione di trauma psicologico come una:

«reazione psichica, da intendere come una ferita causata da un fattore traumatico (stressor), che comporta primariamente l’essere sopraffatti da emozioni angoscianti e intollerabili, e tutto il coinvolgimento della persona perpoterlo gestire. Disorientamento, perdita del controllo, comportamento di fuga, sono gli scenari del disagio traumatico» (Caretti, Craparo, 2008, pag. 11).

L’esperienza traumatica può essere conseguenza di un evento violento come: morte, lesioni o minacce all’integrità fisica e psicologica propria o delle figure di attaccamento, o l’esito di ripetuti traumi relazionali avvenuti nelle prime fasi di vita, quali le separazioni precoci dal caregiver, il maltrattamento, l’abuso. Il trauma è collegato al tempo della discontinuità dal momento che il trauma produce un buco, un vuoto di senso, un non senso; il trauma interrompe la trama di senso del soggetto, mettendolo nella posizione di oggetto rispetto all’Altro, non in grado di metabolizzare l’esperienza che vive poiché non simbolizzabile. L’Altro di cui parliamo non è soltanto il caregiver o la persona che incontriamo, siamo, infatti, in posizione di oggetto anche dinanzi ad una catastrofe naturale da cui siamo travolti.

Lacan ha definito le traumatisme come un buco giocando con l’omofonia di trau/trou, dove trou significa buco; per Lacan, infatti, il trauma è l’indicibile, il Reale impossibile da simbolizzare.

 

 

La valutazione del Trauma

 

Per quanto riguarda  la valutazione del trauma questa va fatta rispetto a due parametri complementari fra loro: l’aspetto oggettivo e quello soggettivo. L’aspetto oggettivo dell’evento traumatico riguarda la drammaticità e la gravità dell’evento in sé. L’abuso o la tortura sono, ad esempio, esperienze oggettivamente traumatiche. Per quanto riguarda l’aspetto soggettivo, si valuta la gravità di un evento per un determinato soggetto; si riferisce, quindi, alla valutazione cognitiva ed affettiva che il soggetto fa dell’evento. La valutazione si sposta, dunque, dall’evento in sé a come un soggetto specifico valuti quell’evento. Ci sono alcuni soggetti, infatti, che non superano eventi di media entità e soggetti che riescono a superare eventi oggettivamente più drammatici. È, perciò, determinante il modo soggettivo in cui un individuo elabora un evento traumatico.

 

Escursus storico sul trauma

 

Charcot fu il primo nel 1880 a dimostrare che i sintomi isterici non avevano una base organica, ma simulavano danni neurologici inesistenti, indotti da eventi traumatici, che potevano essere risolti con l’ipnosi. Grazie agli studi di Charcot l’isteria, fino a quel momento considerata finzione, possessione o estasi religiosa, fu riconosciuta dai medici come una malattia. Charcot trattava comunque le sue pazienti in modo distaccato. Freud e Janet andarono oltre tale approccio, comune a quel tempo in campo medico, e si dedicarono all’ascolto attento delle pazienti isteriche.

Janet nel 1889 pubblicò “L’automatismo psicologico. Saggio di psicologia sperimentale sulle forme inferiori dell’attività umana.” Grazie a questi studi egli osservò il fenomeno della riattualizzazione: tale fenomeno si verificava in seguito ad eventi di natura traumatica e consisteva nel ripetere in modo automatico le stesse azioni e provare le stesse emozioni correlate all’evento traumatico. In seguito a queste osservazioni, Janet ipotizzò due sistemi di memoria separati: una memoria episodica, narrativa, consequenziale e una memoria traumatica. In quest’ultima i ricordi relativi al trauma rimangono invariati, scissi e inaccessibili. Egli mise, quindi, in correlazione il trauma e la dissociazione. Nei soggetti che ricorrono alla dissociazione le emozioni violente rimarranno in aree della mente dissociate dai processi integrativi della coscienza e si riattualizzeranno nei sintomi post traumatici, quali i flashback, o nelle sensazioni del corpo simili a quelle verificatesi nel momento del trauma, in seguito, ad esempio, a un odore o a un suono. Janet, infatti, era convinto che la dissociazione fosse un modo per adattarsi, anche se provvisoriamente, a un evento traumatico. Secondo l’autore, comunque, l’entità della reazione emotiva a un evento traumatico è soggettiva e dipende sia dallo stato emotivo del soggetto nel momento in cui si verifica l’evento, sia dalla valutazione cognitiva della situazione fatta dal soggetto. Quindi, l’intensità della reazione emotiva all’evento traumatico, secondo Janet, è determinata dal significato che il soggetto attribuisce all’evento più che all’evento stesso.

Nello stesso periodo, più precisamente nel 1882, Freud e Breuer pubblicarono un saggio all’interno degli “Studi sull’isteria” dove affermavano che le pazienti isteriche soffrivano di ricordi improvvisi ed incontrollabili legati ad un trauma subito nell’infanzia; tali ricordi rimanevano inalterati nel tempo ed assenti dalla memoria cosciente. Se, tuttavia, si riusciva a far riemergere il ricordo dell’evento traumatico subito e l’affetto ad esso correlato, i sintomi isterici scomparivano. A questo processo diedero il nome di abreazione o catarsi.

 

Il fantasma

 

In seguito, Freud si accorse che non sempre gli episodi narrati erano accaduti realmente, ma potevano essere rielaborazioni di episodi immaginati, che una volta rimossi divenivano per le pazienti realtà psichiche e che avevano, quindi, lo stesso effetto di un trauma reale. Freud, quindi, distinse le fantasie consce, che si riferiscono ai sogni ad occhi aperti e alle fantasticherie, dai fantasmi, cioè delle rappresentazioni e scenari immaginari deformati dai processi difensivi del soggetto e dai suoi desideri. I fantasmi, secondo Freud, non sono soltanto riferibili ai desideri arcaici ma rappresentano anche la matrice dei desideri attuali del soggetto. Tali fantasmi sono, infatti, all’origine dei lapsus, dei sogni, degli atti mancati, delle scelte affettive, sessuali e lavorative. Tutta la vita del soggetto secondo la visione freudiana è determinata e modellata dall’attività dei fantasmi inconsci. Nella visione freudiana alcuni fantasmi possono essere conosciuti dal soggetto grazie al processo analitico, altri rimarranno sconosciuti a causa della rimozione originaria. Secondo Freud la vita fantasmatica è alimentata dai fantasmi originari, i quali avrebbero una funzione strutturale nella costituzione del trauma. Freud, comunque, non mise in dubbio il ruolo svolto nella costituzione del trauma da vicende realmente accadute. I fantasmi originari sono: la scena primaria, il fantasma di seduzione, il fantasma di castrazione. Questi sono alla base della teoria sessuale infantile e, trasmessi filogeneticamente, rispondono alle domande fondamentali relative alle origini dell’individuo, della sessualità e della differenza sessuale. Nella visione freudiana sia la seduzione realmente accaduta che la fantasia di seduzione sarebbero la realizzazione di un desiderio, che, in quanto traumatico, verrebbe rimosso.  Una caratteristica del trauma, che Freud mise in evidenza, è che può essere definito “a posteriori”, infatti, un evento viene definito come traumatico quando viene ricordato e rielaborato, perché nel momento in cui accade viene vissuto come una esperienza improvvisa e inaspettata che provoca sgomento, quindi, non immediatamente elaborabile ma solo successivamente, attraverso una ricostruzione. L’esperienza traumatica è l’incontro con un Reale impossibile da simbolizzare.

Freud parlava di fantasmi al plurale per distinguere i traumi reali dai traumi fantasmatici, Lacan parlerà invece di fantasma al singolare, come significazione assoluta. Lacan fonda la sua ricerca sul lavoro freudiano e ci dice che per definirsi il soggetto dipende dall’Altro. L’Altro con la A maiuscola che è tutto ciò che precede il soggetto: è il mondo familiare, sociale, transgenerazionale. Ogni infante entra in un mondo culturale e sociale che lo precede e rispetto al quale, ci dice Lacan, si trova assoggettato. Dentro questo mondo il bambino deve trovare il suo posto. Perché questo avvenga il bambino deve incontrare il desiderio dell’Altro, deve fare esperienza di essere importante per l’altro, di essere amato. Lacan definisce strutturale per il soggetto essere nel desiderio dell’Altro, perché è ciò che determina la nascita del soggetto stesso. Il desiderio dell’Altro, infatti, dà la possibilità al bambino di iscriversi in un universo simbolico attraverso l’introduzione nella catena di significanti della storia familiare, dandogli un posto. Tutto ciò porta ad affermare che il soggetto all’inizio è “alienato” perché dipende interamente dalle cure dell’Altro. In un secondo momento dello sviluppo psichico il bambino, dopo aver avuto la presenza amorevole della madre, sperimenterà la sua assenza, questo incrinerà la sua certezza di esserle indispensabile. Grazie, comunque, a questa assenza della madre, frustrante per il bambino, questi potrà chiedersi: “dove va la mamma quando non è con me? Cosa desidera? Vorrei essere io ciò che vuole ma è chiaro che non vuole solo me. Qualcos’altro la interessa”.Il bambino si domanda cosa vuole la madre al di là di lui, quale posto occupa nel desiderio della madre. Lacan ritiene che dalla ricerca di una risposta a questa domanda si crei la possibilità di dare un senso alla propria vita. Se il bambino non sperimenta l’alternanza della presenza-assenza dell’Altro, se resta in una presenza asfissiante non potrà sviluppare le proprie competenze simboliche. Il fantasma si costituisce in seguito alla risposta che il bambino dà, grazie al fatto che la madre non è sempre presente, a quello che presume essere il desiderio materno al di là di lui; questa è una risposta soggettiva rispetto alla mancanza dell’Altro. Il bambino deduce che la madre desidera altro oltre lui, confrontandosi con il desiderio e, quindi, con la mancanza materna: ciò lo porta a costruire il suo fantasma. Il fantasma è ciò che orienterà il soggetto nelle sue scelte affettive e lavorative, darà un senso alla sua vita. Il fantasma orienta la vita del soggetto e lo protegge dal reale del trauma. Il fantasma, secondo Lacan, fornisce il soggetto di difese capaci di arginare il godimento incestuoso civilizzandolo: delinea la visione della realtà in modo tale che gli aspetti più scabrosi vengano eliminati, ricoprendo il reale e riducendo la portata del trauma. Il fantasma non cambia al cambiare delle vicissitudini della vita, è una costante inconscia che definisce il rapporto di ciascun soggetto con la sua realtà interiore ed esteriore. Ognuno di noi entra in rapporto con la realtà attraverso le lenti del suo fantasma; infatti, il rapporto del soggetto con la realtà è mediato dal fantasma che orienta la sua vita e le sue relazioni. Il fantasma è l’interpretazione inconscia che il soggetto ha dato alla domanda “che cosa desidera l’Altro?”: la teoria fantasmatica dà al soggetto la possibilità di interpretare ciò che l’Altro vuole da lui.

 

Blibliografia

Caretti V. Craparo G., La disregolazione affettiva e la dissociazione nell’esperienza traumatica in Caretti V. Craparo G. (a cura di) (2008), Trauma e psicopatologia: un approccio evolutivo relazionale, Astrolabio Ubaldini Roma.

 Porta L. (2023) Declinazioni del trauma: esiti destrutturanti e tentativi di simbolizzazione, Franco Angeli, Milano

Terminio N. (2020) L’intervallo della vita. Il Reale della clinica psicoanalitica e fenomenologica, Alpes Italia, Roma

 

 

 

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